Il convento che riparte dalle api

Il convento che riparte dalle api

Dopo che gli stessi insetti erano riusciti a trafugare 60 chili di miele si è reso necessario rinnovare la struttura di Bigorio, che è parte importante dell’offerta del monastero, nonché del suo sostentamento economico

Un buon indizio che l’apiario sia da cambiare è quando le api stesse lo derubano di sessanta chili di miele. Il termine tecnico è saccheggio. È quanto accaduto lo scorso anno al convento dei frati cappuccini a Bigorio, dove si fa il miele da almeno un secolo. Una giornata che fra Michele Ravetta, guardiano del convento dal 2016, ricorda bene: «Con altre due persone abbiamo dovuto spostare da un ambiente invaso dalle api 85 arnie da 40 chili l’una su in costa per le scale. Fate voi i conti».

Si è trattata della classica goccia che fa traboccare il vaso, e l’apiario è stato rimodernato, e presentato ieri in conferenza stampa. La spesa è tutto sommato stata ingente, circa 150.000 franchi, anche perché è stato rimesso a nuovo il laboratorio. Il contributo principale è arrivato dall’Associazione amici del Bigorio, il cui mandato è proprio quello di promuovere e sostenere finanziariamente l’attività culturale, societaria e comunitaria del convento di Santa Maria. Hanno poi contribuito gli stessi cappuccini, l’Ente regionale di sviluppo del Luganese e un privato benefattore. «Il nuovo apiario è un gioiello – ha detto il presidente dell’Associazione degli amici Bruno Lepori. – È costato caro, ma avevamo accantonato dei soldi proprio per situazioni come queste».

Quell’«affetto tenace»

Per il convento, l’apiario è una sorta di ripartenza, dopo mesi complicati dalla pandemia da coronavirus e un futuro incerto all’orizzonte (si veda il box a lato). E ha già dato segni di speranza, ravvivando quell’ormai secolare «affetto tenace» (come lo definì padre Giovanni Pozzi nel 1977) della popolazione nei confronti del convento. I frati hanno infatti promosso l’adozione di un’arnia per un anno a 200 franchi, in cambio di un chilo di miele e di una targhetta sull’arnia stessa. E le 85 arnie, in soli tre mesi, hanno già tutte trovato il loro padrino o la loro madrina, garantendo così 17.000 franchi per mantenere l’apiario. L’obiettivo è incrementare ulteriormente la produzione di miele (1.500 chili l’anno scorso, con l’ambito certificato Bio Suisse), che è sia molto apprezzato (le scorte sono finite), sia fonte di sostentamento economico per i frati, assieme al classico ratafià. A questo proposito, il prossimo passo sarà la sostituzione del vecchio alambicco a legna con uno a gas, già donato dal patriziato di Sigirino. A trovare i finanziamenti per la sua installazione penseranno l’Associazione degli amici e i suoi 1.136 affiliati.

Fonte: Corriere del Ticino