Il Bigorio salvato dalle fiamme
Trent’anni fa il devastante incendio del Convento di Santa Maria dei frati cappuccini
“Un incendio è divampato nelle prime ore del mattino nel Convento di Santa Maria del Bigorio, distruggendo il tetto del chiostro e invadendo in parte il campanile e la zona posteriore dell’edificio”. Con queste parole il 6 febbraio 1987 il Corriere del Ticino riportava in prima pagina il devastante e inaspettato disastro che aveva colpito il giorno prima l’inestimabile complesso cinquecentesco capriaschese. Erano appena le 4 del mattino quando la popolazione è stata svegliata bruscamente dall’arrivo dei pompieri di Tesserete, allarmati via radio da una pattuglia della polizia stradale che, nel buio della notte, aveva avvistato le violente fiamme di un incendio divampato – come era stato in un primo tempo ipotizzato – nei fitti boschi a ridosso del Convento.
Soltanto con l’arrivo del corpo pompieri, poi raggiunto dai colleghi di Lugano, presto affiancati da altri agenti e volontari, si è spalancata invece una tragica realtà: le fiamme che si alzavano alte in cielo stavano avvolgendo il tetto del Convento, minacciando sia la ricca biblioteca di oltre tremila volumi, alcuni dei quali risalenti al 1400, nonché la sua “Madonna con Bambino”, prezioso dono di casa Savoia del XVI secolo, portato in salvo dal comandante dei pompieri di Tesserete, Aldo Morosoli, insieme al custode del Convento, fra’ Roberto Pasotti.
Ed è stato proprio fra’ Roberto, svegliato dalle sirene dei soccorritori, a dichiarare l’indomani “di aver sentito nella notte rumori nei tubi del riscaldamento, ma non in misura tale da destare sospetto. Dormendo nella costruzione qui accanto, separata dal blocco principale – ricordava allora fra’ Roberto con parole che, ancora oggi, immaginiamo cariche di apprensione – non potevamo avvertire altro, perché l’incendio si è sviluppato a partire dalla caldaia, ed è poi proseguito attraverso la canna fumaria, impianto che si trova esattamente dalla parte opposta del nostro alloggio, verso la valle”. Esclusa quindi la natura dolosa, i pompieri sarebbero riusciti a domare l’incendio solo a mattina inoltrata, quando lo sfregio inferto al complesso monumentale, il più antico di tutta la Svizzera, fondato nel 1535 da padre Pacifico De Carli di Lugano, si sarebbe svelato nella sua tragica realtà. Svanita l’intera copertura, colpito il campanile e parte del tetto della chiesa, per danni quantificati in oltre un milione di franchi.
Ma già dal primo pomeriggio, grazie a una squadra di reclute della scuola granatieri di Isone, sarebbero iniziati i primi lavori di sgombero, dando avvio a quel restauro che lo avrebbe riportato nel suo originale splendore l’autunno dell’anno successivo. E non poteva essere diversamente, se Aldo Morosoli, comandante dei pompieri di Tesserete, tra i primi arrivati sul posto quella fredda mattina di trent’anni fa, una volta domato il devastante incendio, ancora oggi ricorda di aver distinto “oltre allo spesso fumo, che la piccola campana era rimasta integra nella sua cella. Era bruciata la corda, ma era restata la voce, quella stessa voce che assieme a tanta distruzione ha continuato e continua a segnare le presenze e le cadenze quotidiane dei cappuccini del Bigorio”.