Musica Dipinta: La morte di San Giuseppe

Musica Dipinta: La morte di San Giuseppe

Sabato 30 marzo alle ore 17:00, torna il consueto appuntamento con la “Musica Dipinta” al Convento del Bigorio. L’organista Andrea Pedrazzini insieme agli storici d’arte Edoardo Agustoni e Ivano Proserpi permetteranno ai partecipanti di assistere all’armonico incontro tra musica e pittura.

L’uomo, il tempo, la musica. E un organo a legare insieme questi tre elementi. Come in tutte le chiese più antiche e più importanti, anche in quella del Convento del Bigorio, l’organo è lo strumento che interpreta la voce di Dio. Già in tempi antichissimi, infatti, questo era lo strumento deputato ad accompagnare i brani liturgici. Oggi, dopo secoli di evoluzione, l’organo è tornato ad essere utilizzato anche per le musiche non religiose, quale affascinante esecutore della musica classica. È in questa superba cornice della musica d’organo che si inserisce l’appuntamento annuale di Musica Dipinta, grazie alla presenza di un organista di assoluto prestigio come Andrea Pedrazzini, classe 1992. La passione per l’organo nasce a nove anni, quando, da autodidatta, inizia ad accompagnare le celebrazioni liturgiche presso il Santuario della Madonna del Sasso di Orselina. A settembre 2017 comincia un percorso di studio presso il Conservatorio di Lugano con il maestro Molardi frequentando il Master in Performance in organo. Organista presso la Collegiata di Locarno e la Parrocchiale di Brione sopra Minusio, all’attività formativa affianca quella professionale quale contabile federale e docente di musica presso il Liceo cantonale di Lugano 2.

In questo incontro gli storici dell’arte Edoardo Agustoni e Ivano Proserpi presenteranno un dipinto appartenente alla quadreria del convento, datato agli ultimi anni del XVII secolo, raffigurante La morte di san Giuseppe e attribuito al pittore di origine varesina Federico Bianchi (1635-1706), quest’ultimo attivo a Milano e dintorni come pure in diverse località sulle sponde del Lago d’Orta. Di piccolo formato e destinata alla devozione privata, la tela testimonia del costante riferimento del Bianchi alla grande pittura lombarda del primo Seicento e alla tradizione accademica, con timide aperture verso le istanze barocchette di fine secolo e del primo Settecento.